Sant’ Agostino di Canterbury, vescovo

La santità di Agostino di Canterbury, nato a Roma in un anno che non conosciamo, è riconosciuta tanto dai cattolici quanto dagli anglicani: primo vescovo della Chiesa dipendente dal vescovo di Roma nell’ isola di Britannia ormai conquistata da angli e sassoni, è venerato come “apostolo dell’ Inghilterra”. Dopo l’ invasione da parte di angli, sassoni, frisoni e juti provenienti dall’ Europa nordoccidentale durante il V secolo, quelle nuove popolazioni avevano impiantato il culto pagano nell’ isola di Britannia, nella quale già si era affermato precedentemente il Cristianesimo, introdotto dai missionari celti peninsulari, ma che appariva ora di nuovo terra di missione. La situazione dette però segno di mutare. Il re juto del Kent, Etelberto che, dal 559-560, era riuscito a estendere la sua influenza sui sassoni dell’ Essex e del Sussex, nonché sugli angli della East Anglia – divenendo così padrone della costa prossima al canale della Manica – avviò una politica di buon vicinato con il regno franco; nel contempo si andò spargendo la voce di una sua qualche simpatia o propensione per il Cristianesimo. Egli sposò la principessa cristiana Berta, figlia del re merovingio Cariberto, la quale chiese due cose al consorte: di erigere nella capitale del Kent una città costruita su quel che restava del castrum romano di Durovernum, una chiesa che venne naturalmente intitolata a san Martino di Tours, patrono della dinastia merovingia, e che alcuni sacerdoti cristiani vi celebrassero i santi riti. Berta giunse nel Kent accompagnata dal vescovo franco Luidardo, che vi avviò la predicazione missionaria.

L’ occasione offerta dalla pietas di Berta fu colta al volo da quel grande personaggio, nato all’ interno di una famiglia di rango senatorio, che si definiva servus servorum Dei ma che è conosciuto soprattutto con gli appellativi Consul Dei e Defensor Civitatis per quel che fece in favore della sua città che ormai gli imperatori, residenti a Costantinopoli, avevano abbandonato; cioè dal vescovo di Roma Gregorio I, ossia san Gregorio Magno: il quale era stato già molto impressionato dalle notizie secondo le quali la Britannia era una terra adatta alla cristianizzazione. Secondo la leggenda, egli era rimasto anche incantato alla vista della bellezza e della mitezza di alcuni schiavi angli capitati a Roma, e dei quali avrebbe esclamato: “Non angli, sed potius angeli!” Gregorio concepì l’ audace disegno d’ impiantare il Cristianesimo istituzionalmente egemonizzato dalla Chiesa romana, dalla quale già dipendeva quella franca, e che già aveva una sua prima testa di ponte nell’ isola, costituita dai sacerdoti della nuova chiesa di San Martino.

Il compito fu affidato a una quarantina di monaci benedettini del monastero romano di Sant’ Andrea sul Celio, eretto per volontà del papa – ancor prima ch’ egli fosse eletto – proprio su quel colle sul quale la sua famiglia, la nobile gens Anicia, aveva le sue proprietà, e di cui Agostino era priore. Partito nel giugno del 596, dopo aver fatto tappa nell’ isola di Lérins, celebre per i suoi monasteri, Agostino tornò precipitosamente a Roma per supplicare il papa di conferirgli un altro incarico: era difatti spaventato da quanto appreso sull’ indole e i costumi degli angli e dei sassoni.

Ma, su invito del papa, egli ripartì ben presto: fu prima eletto abate, quindi consacrato vescovo di Arles, ma la sosta in area merovingia doveva servire solo ad avvicinarlo alla Britannia. Raggiunse difatti presto l’ isola britannica di Thanet, accolto dal re del Kent in persona, che lo accompagnò a Canterbury, scelta quale sede  vescovile. In breve tempo lo stesso sovrano e migliaia di sudditi chiesero il battesimo. Agostino fu nominato dal papa arcivescovo e primate d’ Inghilterra, e accettò le insegne del suo rango dalle mani di Virgilio, metropolitano di Arles: in tal modo la sede patriarcale romana andava gradualmente costruendo nell’ Europa occidentale un edificio istituzionale ecclesiale, costituito di nuove diocesi, ad essa direttamente subordinato. Agostino fondò nel 601 anche altre due sedi vescovili, quelle di Rochester nel Kent juto e di Londra nell’ Essex sassone, consacrandone vescovi rispettivamente Giusto e Mellito i quali, insieme a Lorenzo (il quale sarebbe succeduto ad Agostino come primate d’ Inghilterra) e a Paolino vescovo della sassone York, erano tra i monaci romani partiti in missione con lui.

Egli combatté una battaglia su due fronti: da una parte la resistenza pagana oppostagli dai germani, che cercò di battere anche ricorrendo – con l’ assenso di papa Gregorio, del quale ci restano le lettere ad Agostino indirizzate – a tecniche di acculturazione che cercavano di salvare quante più tradizioni pagane possibili, cristianizzandole; e dall’ altra contro le Chiese cristiane celtiche, ormai ridotte alle comunità della Britannia meridionale, evangelizzate dai monaci irlandesi, che egli tentò di piegare alle nuove istituzioni e alle nuove pratiche liturgiche direttamente dipendenti da Roma (solo dopo il sinodo di Withby del 664 la Chiesa celtica avrebbe rinunziato alle sue tradizioni).

Il fatto è che i tempi non erano maturi: i cristiani celtici della Britannia conservavano un troppo acerbo ricordo dell’invasione germanica e non volevano saperne di riunirsi in una sola Chiesa con i conquistatori, sia pur convertiti. Si creò pertanto in Britannia una situazione per cui gli ex invasori germanici erano ormai cristiani di rito e di osservanza romani (potremmo definirli “cattolici”), mentre i celti rimanevano fedeli alle loro tradizioni cristiane precedenti la missione di Agostino, il quale dal canto suo era in cambio riuscito a convertire quasi tutto il Kent e ad ottenere qualche risultato anche presso sassoni e angli. Passato da questa vita il 26 maggio del 604, Agostino è sepolto nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Canterbury. La sua tomba fu meta di molti pellegrinaggi, cui si sostituirono solo dalla fine del XII secolo quelli diretti al sepolcro di san Tommaso Becket, nella medesima città.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– A Silistra in Mesia, nell’odierna Bulgaria, san Giulio, martire, che, veterano dell’esercito ormai in pensione, fu arrestato in tempo di persecuzione dagli ufficiali e portato da- vanti al governatore Massimo e, avendo disprezzato in sua presenza gli idoli e confessato con grande fermezza la fede di Cristo, fu punito con la condanna a morte.

– A Roma al sedicesimo miglio della via Nomentana, san Restituto, martire.

– A Orange in Provenza, in Francia, sant’Eutropio, vescovo.

– A Würzburg nella Franconia in Germania, san Bruno, vescovo, che restaurò la chiesa cattedrale, riformò il clero e spiegò al popolo le Sacre Scritture.

– Nel monastero di Montsalvy presso Clermont-Ferrand nell’Aquitania, in Francia, san Gausberto, sacerdote ed eremita, per la cui opera quel luogo, in precedenza selvaggio, divenne un ospizio per l’accoglienza ai pellegrini.

– In località Dryburne presso Durham in Inghilterra, beati Edmondo Duke, Riccardo Hill, Giovanni Hogg e Riccardo Holiday, sacerdoti e martiri, che, tornati in patria dal Collegio Inglese di Reims, durante il regno di Elisabetta I furono condannati a morte in quanto sacerdoti e impiccati.

– A Seul in Corea, sante martiri Barbara Kim, vedova, e Barbara Yi, vergine dell’età di quindici anni: entrambe detenute in carcere per la fede in Cristo, morirono di peste.

– In località Nakiwubo in Uganda, sant’Atanasio Bazzekuketta, martire, che, giovane della casa reale, essendo stato da poco battezzato, mentre veniva condotto con gli altri al luogo del supplizio per aver accolto la fede di Cristo, implorò i carnefici di ucciderlo subito e, preso a bastonate, portò a compimento il suo martirio.

– In località Lubawo sempre in Uganda, san Gonzaga Gonza, martire, che, domestico del re, mentre veniva con- dotto in catene al rogo, fu trafitto con le lance dai carnefici.

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