San Giovanni Maria Vianney, sacerdote

“Ho visto Dio in un uomo!”: questo fu l’appunto che fece un avvocato ateo che si era recato ad Ars pensando, con la sua scienza, di screditare quel sacerdote dinanzi a tutti. Ma il Curato d’Ars possedeva un’altra scienza, quella che gli veniva dall’alto, alla quale solo pochi accedono: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli (cfr Mt 11,25).

Nonostante faticasse negli studi fino a divenire lo scherno dei suoi compagni che lo ritenevano un asino, per questa scienza che gli veniva dall’alto, diventerà il modello dei sacerdoti, il loro patrono. Fanno eco, alla sua vita, le parole di Santa Bernadetta, che diceva: “Se sulla terra fosse esistita una bambina più ignorante di me la Santa Vergine avrebbe scelto lei.”

Come apprese questa scienza Giovanni Maria Vianney?

Per prima cosa facendosi docile agli impulsi e alle ispirazioni della Grazia, e ad esse corrispondendo, permettendo che lo Spirito Santo che agiva in Lui, modellasse il suo cuore al Cuore sacerdotale di Gesù. Il curato dirà: “Il sacerdote è l’amore del Cuore di Gesù”.

Di vitale importanza poi è stata la presenza assidua di Maria Santissima nella sua vita; sin dalla tenera età, aiutato dalla sua mamma, nutrì una devozione speciale per la Madonna alla quale sempre ricorrerà come un bambino, che nutre nei confronti di sua mamma una fiducia immensa. Nella basilica di Ars c’è un bel quadro che ritrae il bambino Giovanni di appena quattro anni inginocchiato tra due mucche nella stalla, con le mani giunte, che prega dinanzi ad una statuetta della Madonna che da poco gli avevano regalato. Nel ricordare questo episodio soleva dire ai suoi parrocchiani: “La Santa Vergine fu il mio primo amore: l’ho amata ancora prima di conoscerla. È il mio affetto più vecchio”. Al suo Cuore, il Curato d’Ars, consacrerà tutte le famiglie della sua parrocchia.

Ars era una piccola frazione, di appena 200 persone sperduta nelle lande della Dombes, dove la fede e i costumi della gente, risentiva molto dell’azione devastante della Rivoluzione Francese. “Non c’è molto amore di Dio in questa parrocchia; voi ce ne porterete”. Così gli fu presentata la sua nuova parrocchia dal vicario generale della Diocesi di Lione.

Il suo desiderio di guadagnare anime al Signore, non lo fece perdere di animo. In uno slancio generoso, proprio dei santi, nel prendere possesso della sua parrocchia si offrì al Signore dicendogli: “Mio Dio accordatemi la conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete, per tutto il tempo della mia vita”.

Non erano solo parole; sapeva molto bene, che per guadagnare anime a Dio, il cammino da intraprendere era quello segnato dal suo Maestro, quello della preghiera e della penitenza. Sono questi gli strumenti con i quali i cuori degli uomini vengono preparati e sono ben disposti ad accogliere la Parola di Dio, perché questa porti frutti di vera conversione. Come intendeva bene questo il Curato d’Ars, al quale, un altro santo, quasi due secoli dopo, san Giovanni Paolo II, volle richiamarsi: “Se c’è una tentazione che da sempre insidia ogni cammino spirituale e la stessa azione pastorale, è quella di pensare che i risultati dipendono dalla nostra capacità di fare e di programmare. Guai dimenticare che senza Cristo non possiamo fare nulla. La preghiera ci fa vivere appunto in questa verità. Essa ci ricorda costantemente il primato di Cristo e in rapporto a Lui il primato della vita interiore e della santità. Quando questo principio non è rispettato facciamo l’esperienza dei discepoli nell’episodio evangelico della pesca miracolosa: abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”.

Arrivando nella sua piccola parrocchia, e costatando come la povertà spirituale imperversava nei cuori dei suoi parrocchiani, trascinandoli sulle vie

del peccato, per prima cosa cercò di dar lustro alla casa di Dio, spogliando sé stesso e la sua canonica di qualsiasi conforto e ricchezza, a beneficio del tempio di Dio.  Una volta fatto questo, volle lui stesso essere quella lampada accesa che si colloca innanzi al Tabernacolo per essere di richiamo alla presenza reale del Buon Dio. Passava pertanto lunghe ore dinanzi al tabernacolo, giorno e notte, adorando e amando il Buon Dio, e battendo alla porta del Suo Cuore, supplicando la sua conversione e la conversione dei suoi parrocchiani. Sapeva che tutto dipende dal buon Dio e, pertanto, non esitava a far con il Buon Dio quello che fece la vedova del Vangelo, che continuamente si dirigeva dal giudice, fino a divenire importuna, perché gli fosse fatta giustizia. L’Eucarestia diverrà davvero il centro della sua vita spirituale e della sua pastorale.

Quando ai suoi parrocchiani parlava dell’Eucarestia, il suo volto sempre si illuminava, si irraggiava e il suo cuore si infiammava di amore e con le

lacrime agli occhi nelle omelie si dirigeva loro dicendo: “Non c’è bisogno di parlare molto per ben pregare; si sa che il buon Dio è là, nel santo tabernacolo; gli si apre il cuore, ci si rallegra della sua presenza. È questa la migliore preghiera! È la Colui che ci ama! Perché non lo dovremmo amare noi!”.

Ma il Curato d’Ars sapeva molto bene come la preghiera senza la penitenza è come una pianta che non ha concime per crescere bene. Sull’esempio del suo Maestro e dei santi, vedeva nella Croce il grande mezzo soprannaturale per cooperare alla salvezza delle anime che gli erano affidate. Abbracciò sin dall’inizio la croce delle sue – come le chiamava lui – pazzie giovanili: quella delle penitenze corporali, come i digiuni estenuanti, le discipline e i cilizi, abbracciando poi in seguito, la croce, non meno pesante, che il Signore stesso gli pose sulle sue spalle: quella delle umiliazioni, delle incomprensioni e invidie degli altri parroci. Soprattutto abbracciò la croce di vedersi seppellito in un confessionale per ore e ore (fino a 15 ore al giorno) ad ascoltare i peccati, non solo dei suoi parrocchiani, ma anche di tutte quelle anime, che da ogni parte della Francia andavano ad Ars, richiamate dalla presenza di un uomo, che portava i lineamenti di Dio: “Ho visto Dio in un uomo!”.

Donato interamente a Dio e ai suoi parrocchiani, muore il 4 agosto 1859, all’età di 73 anni. Le sue spoglie riposano ad Ars, nel Santuario a lui dedicato, che ogni anno accoglie 450 mila pellegrini. Beatificato nel 1905 da Pio X, Giovanni Maria Vianney viene canonizzato nel 1925 da Pio XI che nel 1929 lo proclama “Patrono di tutti i parroci del mondo”. Nel 1959, nel centenario della sua morte, San Giovanni XXIII gli dedica l’Enciclica Sacerdotii Nostri Primordia, additandolo a modello dei sacerdoti mentre nel 2009, per il 150.mo anniversario dalla sua scomparsa, Benedetto XVI indice un “Anno sacerdotale”, per “contribuire a promuovere l’impegno d’interiore rinnovamento di tutti i sacerdoti, per una loro più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi”.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

sant’Aristarco di Salonicco, che fu discepolo di san Paolo Apostolo, suo fedele compagno di viaggi e compagno di prigionia a Roma.

– A Roma sulla via Tiburtina, santi Giustino e Crescenzione, martiri.

– A Tarsia in Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Eleuterio, martire.

– In Persia, santa Ia, martire sotto il re Sabor II.

– A Tours in Neustria, in Francia, commemorazione di sant’Eufronio, vescovo, che partecipò a numerosi concili, restaurò molte chiese in città, fondò parrocchie in tutto il territorio e promosse con cura la devozione alla santa Croce.

– Nei boschi di Panaia vicino a Catanzaro, sant’Onofrio, eremita, insigne per i digiuni e l’austerità di vita.

– A Spalato in Dalmazia, nell’odierna Croazia, san Raniero, vescovo e martire, che, già monaco, per difendere i diritti della Chiesa dapprima molto patì nella sede di Cagli e morì poi lapidato in quella di Spalato.

– A Bologna, beata Cecilia, vergine, che ricevette l’abito monacale da san Domenico, del cui volto e del cui spirito fu testimone fedelissima.

– A Londra in Inghilterra, beato Guglielmo Horne, martire, che, monaco nella Certosa della città, sempre fedele all’osservanza della regola, rimase a lungo incarcerato sotto il re Enrico VIII e, consegnato infine al supplizio del patibolo a Tyburn, migrò alla destra di Cristo.

– A Montréal nel Québec in Canada, beato Federico Janssoone, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che per il progresso della fede diffuse notevolmente i pellegrinaggi in Terra Santa.

– A Madrid in Spagna, beato Gonsalvo Gonzalo, religioso dell’Ordine di san Giovanni di Dio e martire, che in tempo di persecuzione contro la fede confermò con il sangue la sua fede in Cristo.

– A Barcellona sempre in Spagna, beati martiri Giuseppe Batalla Parramòn, sacerdote, Giuseppe Rabasa Bentanachs e Egidio Gil Rodicio, religiosi, della Società Salesiana, che nella stessa persecuzione combattendo per la fede ricevettero la vita eterna.

– Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Enrico Krzysztofik, sacerdote e martire, che, deportato in tempo di guerra dalla Polonia in un carcere straniero per essersi professato cristiano, portò a compimento il martirio sotto tortura.

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