Sant’ Ubaldo di Gubbio, vescovo

Davvero non gli piacciono, questi canonici della cattedrale di San Mariano, in Gubbio: preghiera poca, penitenza meno ancora. Lo ospitano mentre pensa al sacerdozio, ma lì tira un’aria che può guastargli la vocazione. Così Ubaldo ritorna alla collegiata di San Secondo, dov’è stato già da ragazzo per i primi studi. (Nato in una famiglia di origine tedesca, ha perduto i genitori da bambino, e uno zio si è preso cura di lui). Per un breve periodo ha studiato a Fano, e poi è tornato stabilmente a Gubbio, che all’epoca è una città-stato tra le più potenti dell’Umbria.

Nella collegiata di San Secondolo scopre Giovanni da Lodi, già monaco per quarant’anni a Fonte Avellana (Marche), poi vescovo di Gubbio per un anno solo, l’ultimo della sua vita. Prende Ubaldo come collaboratore e lo rimanda proprio a San Mariano, perché metta in riga quei canonici bontemponi, anche se non è ancora prete. E lui ci riesce, col tempo e per gradi. Quei canonici, li raddrizza con le sue doti di persuasore e con la forza dell’esempio, al punto che sono poi loro a rieleggerlo priore per un decennio (e intanto è stato ordinato sacerdote). Intorno al 1125, però, un incendio distrugge molte case di Gubbio e la stessa cattedrale, sicché i canonici devono disperdersi presso altre chiese. Non c’è più comunità: scoraggiato, Ubaldo pensa di farsi eremita, ma poi torna in città, lavora a ricostruire.Un anno dopo gli arriva la sorpresa: a Perugia è morto il vescovo, e al suo posto i perugini vogliono mettere lui. Reagisce fuggendo, arriva a Roma e supplica papa Onorio II di lasciarlo semplice prete. Per quella volta il Pontefice lo accontenta. Ma quando a Gubbio muore il vescovo, non sente più ragioni e nomina lui a succedergli. Ora, altro che i canonici di SanMariano: le aspre divisioni tra le famiglie importanti accompagnano (e peggiorano) gli scontri nel clero, gli atti di indisciplina. Si arriva anche alle offese personali, fisiche, contro il vescovo. Lui risponde con la fiduciosa inalterabilità: mai impaurito, mai infuriato. E quando nelle liti cittadine si pone mano alle armi, è pronto a mettere in gioco persino la vita per fermarle.

Nel 1154 Gubbio è attaccata da una coalizione di città umbre capeggiate da Perugia, ne esce vittoriosa, e se ne dà merito alle preghiere del vescovo. Nel 1155 l’esercito di Federico Barbarossa dà fuoco a Spoleto e poi assedia Gubbio: Ubaldo corre dall’imperatore, si parlano, e l’assedio viene sciolto, la città è salva. In tutte queste crisi, Ubaldo chiama i cittadini alla preghiera, li fa sentire una cosa sola, li rassicura, evita il panico. Una strategia della fiducia che fa di lui una sorta di baluardo per la città. E in morte gli si attribuiscono profezie, miracoli, lo si proclama patrono, e già nel 1192 il papa Celestino III lo canonizza. Il corpo, dapprima sepolto in cattedrale, nel 1194 viene trasferito in una chiesa sul monte Ingino.

Ogni anno Gubbio festeggia Ubaldo con solenni riti religiosi e con una manifestazione all’aperto che unisce fede, gioia e fantasia: la notissima “corsa dei ceri”, che sono tre “macchine” di legno con i loro portatori in costume, trascorrenti nelle vie cittadine a passo di corsa, per salire poi sul monte Ingino, il luogo che custodisce i resti del patrono.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– i santi Felice e Gennadio, martiri, a Uzáli in Africa.

– A Osimo nelle Marche, santi Fiorenzo e Diocleziano, martiri.

– In Persia, santi martiri Abda e Ebediéso, vescovi, che furono uccisi sotto il regno di Sabor II insieme a trentotto compagni.

– Nel villaggio di Bouhy nel territorio di Auxerre in Francia, san Pellegrino, martire, venerato come primo vescovo di questa città.

– Commemorazione di san Possidio, vescovo di Guelma in Numidia, nell’odierna Algeria, che, discepolo e amico fedele di sant’Agostino, fu presente alla sua morte e ne scrisse una celebre biografia.

– A Troyes nella Gallia lugdunense, in Francia, san Fidólo, sacerdote, che si tramanda sia stato catturato dal re Teodorico durante l’invasione della regione dell’Auvergne, ma, riscattato dall’abate sant’Aventino e da lui formato al servizio di Dio, gli sarebbe poi succeduto nell’incarico.

– In Irlanda, san Brendano, abate di Clonfert, fervido propagatore della vita monastica, del quale è celebre il racconto di una leggendaria navigazione.

– Ad Amiens nel territorio della Neustria, in Francia, sant’Onorato, vescovo.

– Nella Britannia, san Carantóco, vescovo e abate di Cardigan.

– In Palestina, passione dei santi quarantaquattro monaci fatti a pezzi nel monastero di Mar Saba durante le incursioni dei Saraceni, al tempo dell’imperatore Eraclio.

– A Tolosa nella regione dell’Aquitania in Francia, san Germerio, vescovo, che si impegnò ad accrescere il culto di san Saturnino e a visitare il popolo a lui affidato.

– A Fermo nelle Marche, sant’Adamo, abate del monastero di San Sabino.

– A Bordeaux nella Guascogna, in Francia, beato Simone Stock, sacerdote, che fu dapprima eremita in Inghilterra e, entrato poi nell’Ordine dei Carmelitani, ne fu in seguito mirabile guida, divenendo celebre per la sua singolare devozione verso la Vergine Maria.

– A Janów presso Pinsk sul fiume Pripjat in Polonia, sant’Andrea Bobola, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che si adoperò strenuamente per l’unità dei cristiani, finché, arrestato dai soldati, diede con gioia la più alta testimonianza della fede con l’effusione del suo sangue.

– Vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Michele Woz ́niak, sacerdote e martire, che, dalla Polonia occupata da un regime ostile alla dignità umana e alla fede, fu trasferito nel campo di prigionia di Dachau e, sottoposto a tortura, passò alla gloria del cielo.

– Nella città di Drohobych in Ucraina, beato Vitale Vladimir Bajrak, sacerdote dell’Ordine di San Giosafat e martire, che dinanzi ai persecutori della religione combatté per la fede, conseguendo il frutto della vita eterna.

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