San Giovan Giuseppe della Croce (Carlo Gaetano Calosirto), sacerdote francescano

Le doglie colgono donna Laura Gargiulo il 15 agosto 1654, mentre sta passeggiando nel borgo di Ischia, ad una certa distanza dal signorile e fortificato palazzo in cui abita. Così Carlo Gaetano, il suo terzo figlio, viene alla luce nella modesta stanzetta di una donna del popolo che generosamente accoglie la partoriente. Quasi un segno che, quel bambino, non è destinato ad abitare a lungo nel palazzo dei Calosirto, una delle famiglie più facoltose di Ischia. Sarà per inclinazione naturale, sarà per “colpa” della famiglia profondamente religiosa in cui si prega molto e dove si respira una grande devozione alla Madonna, ma quel bambino sembra davvero portato alla vita religiosa, complici anche i padri agostiniani cui i genitori affidano la sua preparazione culturale e religiosa.

Ma non è da questi che il ragazzino si rivolge, a 15 anni appena compiuti, per realizzare la sua vocazione: ha conosciuto nel frattempo i frati alcantarini e si sente attratto dall’austerità di vita di questi Francescani che si ispirano alla riforma attuata da san Pietro d’Alcantara.

A 16 anni entra così nel loro convento napoletano; qui, insieme al nuovo nome di Giovan Giuseppe della Croce, riceve una forte spinta verso la vita ascetica, grazie ad un Maestro dei novizi particolarmente ispirato. Dopo la professione religiosa, insieme a 11 confratelli si trasferisce a Piedimonte d’Alife, per costruire un nuovo convento nelle vicinanze del santuario di Santa Maria Occorrevole.

È giovanissimo, ed è qui che si innamora: del silenzio abitato da Dio, della preghiera lunga e fervorosa, della meditazione prolungata e trasformatrice. Che però, come sempre avviene per i santi autentici, non riescono ad estraniarlo dal mondo, ma gli donano una sensibilità maggiore per scoprire, soprattutto fra le pieghe della sua Napoli, le mille contraddizioni e le tante miserie, nelle quali egli si muove scalzo con qualsiasi tempo e malgrado ogni intemperie. Tanto che una volta si ammala, così gravemente da temere per la sua vita; appena guarito, eccolo nuovamente per strada, instancabile tra un malato da curare ed un moribondo da assistere.

Perché Padre Giovan Giuseppe non aspetta che i poveri arrivino a lui, preferisce andarseli a cercare nei tuguri e nelle soffitte. Cadono su di lui le responsabilità della sua famiglia religiosa, come la delicata situazione che porta alla spaccatura tra gli Alcantarini di Spagna e quelli d’Italia. Di questi ultimi egli diventa superiore, ma continuando a lavorare per la riunificazione della famiglia alcantarina che riesce ad attuare dopo vent’anni.

Sulla sua strada fioriscono miracoli: parlano di bilocazioni, lievitazioni, profezie, guarigioni, moltiplicazioni, addirittura della risurrezione di un bambino: ma prima di ogni cosa è autenticamente prete, ricercato per la confessione e la direzione spirituale anche da santi autentici, come S. Alfonso Maria de’ Liguori e San Francesco de Geronimo, insieme ai quali (quando si dice scherzi della Provvidenza!)

Padre Giovan Giuseppe della Croce Calosirto verrà canonizzato nel 1839.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– Commemorazione di san Teofilo, vescovo di Cesarea in Palestina, che, sotto l’imperatore Settimio Severo, rifulse per sapienza e integrità di vita.

– In Panfilia, nell’odierna Turchia, san Conone, martire, che, giardiniere, sotto l’imperatore Decio, fu costretto a correre, con i piedi trafitti da chiodi, davanti ad un carro e, caduto in ginocchio, pregando rese lo spirito a Dio.

– A Roma sulla via Appia nel cimitero di Callisto, deposizione di san Lucio, papa, che, successore di san Cornelio, subì l’esilio per la fede in Cristo e, insigne testimone della fede, affrontò le difficoltà del suo tempo con moderazione e prudenza.

– A Sinópe nel Ponto, nell’odierna Turchia, san Foca, martire, che fu giardiniere e patì molti tormenti per il nome del Redentore.

– A Cesarea in Palestina, sant’Adriano, martire, che, durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, nel giorno in cui gli abitanti erano soliti celebrare la festa della Fortuna, per ordine del governatore Firmiliano, fu per la sua fede in Cristo dapprima fu gettato in pasto a un leone e poi sgozzato con la spada.

– In Palestina sulle rive del Giordano, san Gerásimo, anacoreta, che, al tempo dell’imperatore Zenone, ricondotto alla retta fede da sant’Eutimio, fece grande opera di penitenza, offrendo a tutti coloro che sotto la sua guida si esercitavano nella vita monastica, un modello irreprensibile di disciplina e di vita.

– A Saighir nella regione dell’Ossory in Irlanda, san Chierano, vescovo e abate.

– Ad Arles in Provenza, in Francia, san Virgilio, vescovo, che ospitò sant’Agostino e i monaci che, su mandato del papa san Gregorio Magno, erano in viaggio per l’Inghilterra.

– A Vigevano in Lombardia, beato Cristoforo Macassoli, sacerdote dell’Ordine dei Minori, insigne per la predicazione e la carità verso i poveri.

– A Napoli, beato Geremia (Giovanni) Kostistik da Valacchia, che, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, ininterrottamente per quarant’anni diede assistenza agli infermi con carità e letizia.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *