San Giovanni da Kety (Canzio), sacerdote

«All’Ateneo da me tanto amato auguro la benedizione della Santissima Trinità e la perpetua protezione di Maria, Sede della Sapienza, come anche il patrocinio fedele di san Giovanni da Kety, suo professore più di 500 anni fa». Così Giovanni Paolo II, in visita a Cracovia il 9 giugno 1979, ha ricordato il “professore santo” di quell’università. Giovanni da Kety (una cittadina polacca a sud-ovest di Cracovia), detto anche Giovanni Canzio, intraprende gli studi con risultati subito brillanti. E a 27 anni è docente di filosofia. Poi intraprende anche studi di teologia, e a 34 anni viene ordinato sacerdote, ma continua a insegnare per alcuni anni, perché questa è la sua passione. Più tardi viene inserito nel clero della collegiata di San Floriano in Cracovia: una chiesa che è stata costruita nel XII secolo in un paese ancora di campagna, poi raggiunto e assorbito dallo sviluppo della città, divenuta capitale della Polonia. Compie una breve esperienza parrocchiale in provincia e poi torna a stabilirsi nuovamente in Cracovia, risalendo sull’amata cattedra universitaria.

In qualità di precettore dei prìncipi della casa reale polacca, talvolta non poteva esimersi dal partecipare a qualche festa. mondana. Un giorno si presentò a un banchetto in abiti dimessi e venne messo alla porta da un domestico. Giovanni andò a mutarsi d’abito e tornò alla villa dove si dava il ricevimento. Questa volta poté entrare, ma durante il pranzo un malaccorto inserviente gli rovesciò un bicchiere sul vestito. Giovanni sorrise rassicurante: “E’ giusto che anche il mio abito abbia la sua parte: è grazie a lui che sono potuto entrare qui”.

Ma “stabilirsi” è un’espressione impropria. Infatti il professore Giovanni ama la strada quanto la cattedra, gli affamati di sapere e gli affamati di pane. Ama la strada, poi, come “luogo” tipico dei poveri, sempre alla ricerca di un aiuto. E sul loro percorso amaro, i poveri di Cracovia incontrano spesso Giovanni il Professore; lo vedono entrare nei loro miseri rifugi, portando loro quello che spesso è necessario a lui. Ne sfama tanti, non con le ricchezze che non possiede, ma con la sua paga di insegnante e con i suoi digiuni. E poi la strada, per lui, è quella del pellegrinaggio. Il suo viaggio più lungo è quello in Terrasanta, compiuto a piedi fin dov’era possibile. Poi va pellegrino a Roma. Per quattro volte. E sempre assolutamente a piedi, andata e ritorno.

Umile camminatore e compagno di viandanti e di poveri lungo le antiche “vie” che conducono al Sud, al Paese del sole, Giovanni diventa anche il consigliere e il sostenitore dei suoi concittadini più indifesi e soli. Autorevole maestro quando siede in cattedra, gli si attribuiscono anche commenti alla Bibbia e a san Tommaso.

Ma ciò che spinge la gente di Cracovia a “gridarlo santo” dopo la morte sono le lezioni di amore che teneva lungo le strade e nelle case, tra malnutriti e ammalati. Nel 1600, papa Clemente VIII lo proclama venerabile, e il suo corpo viene più tardi trasferito nella chiesa di Sant’Anna in Cracovia. Nel 1767, papa Clemente XIII lo iscrive tra i santi. Al ricordo di Giovanni è consacrata una cappella nella chiesa di San Floriano, dove a metà del XX secolo iniziava il suo servizio di vicario parrocchiale il giovane sacerdote Karol Wojtyla.

In Polonia viene ricordato il 20 ottobre. È stato proclamato patrono dell’arcidiocesi di Cracovia, degli insegnanti delle scuole cattoliche e della “Caritas”.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– A Górtina nell’isola di Creta, santi dieci martiri, Teodúlo, Saturnino, Eupóro, Gelasio, Euniciano, Zótico, Ponzio, Agatópo, Basílide ed Evaristo, che, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, per essersi rifiutati pubblicamente di obbedire all’ordine di offrire sacrifici nel giorno della dedicazione del Tempio della Fortuna patirono i supplizi e morirono, infine, decapitati.

– A Roma, commemorazione di san Sérvulo, che, giacendo paralitico fin dall’infanzia sotto il portico della chiesa di San Clemente, cercò sempre, come scrive san Gregorio, sia pure nelle sofferenze, di rendere grazie a Dio e distribuì ai poveri tutto quello che raccoglieva dalle elemosine.

– A Chartres in Francia, sant’Ivo, vescovo, che ristabilì l’ordine dei canonici e molto operò e scrisse per promuovere la concordia tra il clero e il potere civile e per il bene della Chiesa.

– A Bressanone nell’Alto Adige, beato Artmanno, vescovo, che, già canonico regolare, governò questa Chiesa con saggezza e fedeltà.

– In Islanda, san Torlaco, vescovo di Skálholt, che si adoperò per il rinnovamento morale del clero e del popolo.

– A Canterbury in Inghilterra, commemorazione di san Giovanni Stone, sacerdote dell’Ordine dei Frati di Sant’Agostino e martire, che, strenuo difensore della fede cattolica, subì il martirio sul patibolo sotto il re Enrico VIII.

– A Valencia in Spagna, beato Nicola, detto il Fattore, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che, arso da fervido zelo per Dio, fu spesso rapito in estasi.

– A Montréal in Canada, santa Maria Margherita d’Youville, religiosa, che, madre di famiglia, rimasta vedova, educò piamente due dei suoi figli sulla via del sacerdozio e si adoperò con tutte le forze per l’assistenza agli infermi, agli anziani e ai bisognosi di ogni genere, per i quali fondò la Congregazione delle Suore della carità.

– A San Paolo in Brasile, beato Antonio di Sant’Anna Galvão de França, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori, che si dedicò con frutto alla predicazione e al ministero della penitenza e fondò il “Ritiro della Luce”, in cui guidò una comunità di Suore sotto la sua esemplare direzione spirituale.

– Nel territorio di Tjyen-Tiyon in Corea, san Giuseppe Cho Yun-ho, martire, che, ancor giovane, seguendo le orme di suo padre san Pietro Cho Hwa-so, fu ucciso a bastonate per il nome di Cristo.

– Nel territorio di Valencia in Spagna, Paolo Meléndez Gonzalo, martire, che, padre di famiglia, durante la persecuzione contro la religione, uniformandosi in tutto all’esempio di Cristo, raggiunse per sua grazia il regno eterno.

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