Paolo: vocazione non conversione

Modificare ufficialmente la denominazione “Festa della Conversione di San Paolo” in “Festa della Vocazione di San Paolo”. È l’oggetto della petizione indirizzata nel giugno scorso al Prefetto del Dicastero per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, monsignor Arthur Roche, e al segretario, monsignor Vittorio Francesco Viola, dal Segretariato Attività Ecumeniche (Sae), fondato da Maria Vingiani negli anni Sessanta del Novecento.

La richiesta, approvata dall’Assemblea dell’associazione interconfessionale per l’ecumenismo e il dialogo a partire dal dialogo ebraico-cristiano riunita a Firenze lo scorso 24 aprile, è stata sottoscritta da «vescovi, teologhe e teologi, liturgisti, bibliste e biblisti, studiosi, presbiteri, religiose e religiosi, e da numerosi altri membri del popolo di Dio».

Tra i 164 firmatari e firmatarie ci sono anche persone di confessione protestante e di fede ebraica.

Il Sae spiega le ragioni della richiesta di modifica osservando che nelle fonti neotestamentarie quella di Paolo non appare, come spesso invece è considerata, come una conversione dall’ebraismo al cristianesimo, che peraltro nella prima metà del I secolo d. C. non esisteva ancora come religione definita.

Nelle parole di Paolo si tratta piuttosto di una rivelazione del Signore risorto e di una chiamata ad essere apostolo delle genti. «In conclusione – continua il testo – si può affermare che Paolo apostolo è un ebreo che annuncia Gesù Cristo a non ebrei».

Inoltre la parola conversione – che riguarda sempre ogni credente – applicata all’ebreo Paolo può indurre ad auspicare una forma di proselitismo nei confronti degli ebrei, una prassi perseguita per secoli anche con metodi riprovevoli e da tempo ufficialmente respinta dalla Chiesa cattolica.

Nell’inviare la richiesta al Dicastero, la presidente del Sae, la predicatora valdese Erica Sfredda, sottolinea che la proposta in oggetto «rientra a pieno titolo negli scopi specifici della nostra Associazione, sempre più convinta del fatto che il dialogo (sia ecumenico sia di altra natura) sia più che mai indispensabile per vincere ogni forma di conflittualità».

(SettimanaNews)

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