San Ponziano, Papa e martire
Una felice e fondata congettura di Emanuela Prinzivalli fa cominciare il pontificato del vescovo di Roma Ponziano nel 230. La fonte principale di questa e di altre notizie è il Catalogo Liberiano, che offre informazioni sull’episcopato di Ponziano, durato poco più di cinque anni, e della sua deportazione in Sardegna, condannato ad metalla cioè ai lavori forzati nelle miniere. Dopo l’imperatore Alessandro Severo (222-235), tollerante con i cristiani, salì al potere Massimino il Trace (235-238), che diversamente dal predecessore si volse contro i cristiani, mirando a colpire i capi delle cristianesimo. «La fine violenta di Alessandro Severo, assassinato durante una rivolta militare che espresse come nuovo imperatore Massimino il Trace, segnò un brusco mutamento nelle condizioni generali della politica romana che si tradusse sul piano religioso in una sistematica offensiva anticristiana mirata a colpire gli esponenti del clero», scrive Marcella Forlin Patrucco. Papa Ponziano ne fu una illustre vittima, ma non da solo: con lui fu condannato e deportato un altro capo dei cristiani, il sacerdote Ippolito, passato alla storia come antipapa; successivamente, entrambi sarebbero stati riconosciuti martiri e perciò degni di menzione nella storia della Chiesa. L’anno dell’esilio di Ponziano è il 235 e questo dovrebbe esserne anche l’anno della morte. Il citato Catalogo ricorda con precisione una data e un fatto: il 28 settembre 235 Ponziano abdica cioè volontariamente rinuncia al pontificato; è il primo caso nella storia della Chiesa ed è il primo elemento biografico nella storia dei papi di cui sia nota la data esatta.
Anche un’altra fonte, la Depositio martyrum, accosta Ponziano e Ippolito, dando la notizia della loro sepoltura avvenuta a Roma nello stesso giorno, il 13 agosto: Ponziano fu sepolto nel cimitero cosiddetto di Callisto, sulla via Appia, Ippolito nel cimitero sulla via Tiburtina. Il Martirologio Romano, alla data del 13 agosto, appunta: «Santi martiri Ponziano, papa, e Ippolito, sacerdote, che furono deportati insieme in Sardegna, dove entrambi scontarono una comune condanna e furono cinti, come pare, da un’unica corona. I loro corpi, infine, furono sepolti a Roma, il primo nel cimitero di Callisto, il secondo nel cimitero sulla via Tiburtina».
Come ricorda Emanuela Prinzivalli, l’epitaffio di Ponziano fu ritrovato nel 1909 sotto la pavimentazione del cubicolo di Santa Cecilia contiguo alla cripta papale del cimitero di Callisto; l’iscrizione è in greco: «Pontianos episk[opos] m[a]rt[ys]». Le spoglie di Ponziano, con quelle di altri cristiani importanti sepolti nel cimitero callistiano, furono traslate nella chiesa di Santa Prassede durante il pontificato di Pasquale I (817-824).
Secondo il Liber pontificalis, Ponziano fu romano, figlio di un tale Calpurnio, e morì a causa di molte sofferenze, probabilmente le sofferenze dovute alle crudeli fustigazioni riservate ai condannati alle miniere. Una notizia abbastanza sicura riguarda l’assenso di Ponziano alla decisione del vescovo di Alessandria Demetrio di condannare il teologo Origene – legato alla Chiesa di Alessandria e allo stesso Demetrio – che, a insaputa di Demetrio, era stato ordinato sacerdote dai vescovi Teoctisto di Cesarea e Alessandro di Gerusalemme.
Evidentemente il fatto più rilevante del pontificato di Ponziano – per quello che emerge dalle fonti – è la sua rinuncia all’ufficio di pontefice, rinuncia espressa con il termine tecnico «discinctus est»: si tratterebbe del primo caso nella storia del papato. Perché Ponziano rinuncia al pontificato? In primo luogo, potrebbe aver considerato realisticamente la sua situazione: non sarebbe uscito vivo dalla condanna e dalle sofferenze ad metalla, eppure la Chiesa aveva bisogno di un Pontefice che la guidasse; per questo, occorreva la propria personale e volontaria rinuncia. In secondo luogo, considerando che il sacerdote Ippolito condannato con lui era probabilmente il capo di una parte minoritaria e dissidente della comunità romana, il gesto di una abdicazione avrebbe significato una mano tesa verso l’unità e la riconciliazione.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– A Imola in Romagna, san Cassiano, martire, che, per essersi rifiutato di adorare gli idoli, fu consegnato ai ragazzi di cui era stato maestro, perché lo torturassero a morte con i calami: in tal modo, quanto più debole era la mano, tanto più dolorosa diveniva la pena del martirio.
– A Lione in Francia, sant’Antíoco, vescovo, che, ancora sacerdote, affrontò un lungo viaggio per far visita a san Giusto, suo vescovo, che allora viveva in un eremo in Egitto.
– A Poitiers in Aquitania, in Francia, santa Radegonda, che, regina dei Franchi, prese il sacro velo mentre suo marito, il re Clotario, era ancora in vita e visse nel monastero di Santa Croce a Poitiers da lei stessa costruito sotto la regola di san Cesario di Arles.
– Nella fortezza di Schemaris presso la riva del fiume Tzkhenis Dsqali sulle montagne del Caucaso, transito di san Massimo il Confessore, abate di Crisopoli vicino a Costantinopoli: insigne per dottrina e zelo per la verità cattolica, che per avere strenuamente combattuto contro l’eresia monotelita subì dall’imperatore eretico Costante l’amputazione della ma- no destra; insieme a due discepoli, entrambi di nome Anastasio, fu poi relegato, dopo un duro carcere e numerose torture, nella regione di Lesghistan, dove rese lo spirito a Dio.
– A Fritzlar nell’Assia, ora in Germania, san Vigberto, sacerdote e abate, a cui san Bonifacio affidò la cura del monastero del luogo.
– Nel monastero di Altenburg presso Vetzlar sempre in Germania, beata Geltrude, badessa dell’Ordine Premostratense, che, ancora bambina, fu dalla madre santa Elisabetta, regina d’Ungheria, offerta a Dio in questo luogo.
– A Kilmallok in Irlanda, beati Patrizio O’Healy, vescovo di Mayo, e Connor O’Rourke, sacerdote, entrambi dell’Ordine dei Frati Minori, condannati a morte e condotti al patibolo per non aver tenuto nascosto il loro sacerdozio.
– A Warwick, in Inghilterra, beato Guglielmo Freeman, sacerdote e martire, che, condannato a morte sotto la regina Elisabetta I per il solo fatto di essere sacerdote, giunto davanti al patibolo cominciò a intonare Te Deum, affrontando così con animo fermo il supplizio del martirio.
– A Roma, san Giovanni Berchmans, religioso della Compagnia di Gesù, che, amato da tutti per la sua pietà sin- cera, la schietta carità e l’allegria incessante, dopo una breve malattia andò serenamente incontro alla morte.
– A Vienna in Austria, beato Marco d’Aviano (Carlo Domenico) Cristofori, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, che, sapiente predicatore della parola di Dio, in ogni luogo si adoperò mirabilmente per i poveri e i malati, sollecitando soprattutto i potenti del mondo ad anteporre la fede e la pace ad ogni altra impresa o interesse.
– Nel braccio di mare antistante Rochefort in Francia, beato Pietro Gabilhaud, sacerdote e martire, che, detenuto in una galera durante la Rivoluzione francese per il suo sacerdozio, morì consunto dall’inedia e dalla malattia.
– Nella cittadina di Saugues presso Puy-en-Vélay sem- pre in Francia, san Benildo (Pietro) Romançon, dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, che passò la vita dedito al- la formazione della gioventù.
– A Barbastro vicino a Huesca nell’Aragona in Spagna, beati Secondino Maria Ortega García, sacerdote, e diciannove compagni, martiri, che, religiosi della Congregazione dei Missionari dei Figli del Cuore Immacolato di Maria, furono uccisi in odio alla fede durante la persecuzione contro la Chiesa.
– Nella cittadina di Almazora vicino a Castellón de la Plana sulla costa spagnola, beato Giovanni Agramunt, sacerdote dell’Ordine dei Chierici regolari delle Scuole Pie e martire nella medesima persecuzione.
– Presso il villaggio di Albocásser nella medesima regione in Spagna, beato Modesto García Martí, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e martire, che durante la persecuzione contro la fede coronò con il martirio il precetto evangelico.
– A Barcellona ancora in Spagna, beato Giuseppe Bonet Nadal, sacerdote della Società Salesiana e martire, che portò a termine la sua lotta per la fede sempre nella stessa persecuzione.
– A Berlino in località Plötzensee in Germania, beato Giacomo Gapp, sacerdote della Società di Maria e martire, che con fermezza d’animo proclamò che le empie decisioni di un regime nemico della dignità umana e cristiana non potevano in alcun modo accordarsi con la dottrina cristiana; per questo, fu perseguitato e condannato all’esilio in Francia e in Spagna e, arrestato da agenti nemici, fu infine decapitato.