Beato Agostino Jeong Yak-jong, padre di famiglia, catechista e martire

Agostino Jeong Yak-jong nacque nel 1760 a Majae, presso Gwangju, nel distretto del Gyeonggi (attualmente Neungnae-ri, Joan-myeon, Namyangju-si, Gyeonggi-do), in una famiglia di studiosi molto noti.

Nel 1786, due anni dopo l’introduzione del cattolicesimo in Corea, Agostino ne venne a conoscenza. Apprese il catechismo da suo fratello maggiore e, una volta che l’ebbe assimilato profondamente, ricevette il Battesimo. Da allora, si diede a insegnarlo anzitutto ai membri della sua famiglia: alla sua seconda moglie, Cecilia Yu So-sa, e ai figli, Carlo Jeong Cheol-sang (nato dalle sue prime nozze), Paolo Jeong Ha-sang [Chong Hasang] ed Elisabetta Jeong Jeong-hye [Chong Chong-hye].

Per praticare più tranquillamente la sua religione, Agostino si trasferì a Bunwon (attualmente Bunwon-ri, Namjong-myeon, Gwangju-si, Gyeonggi-do). A quell’epoca, i suoi fratelli iniziarono a distaccarsi gradualmente dalla Chiesa, ma lui s’impegnava ancora di più: aveva frequenti contatti coi fedeli dei villaggi vicini e li invitava a casa sua per apprendere il catechismo; inoltre, prendeva attivamente parte alle attività ecclesiali.

Quando, sul finire del 1794, arrivò clandestinamente in Corea padre Giacomo Zhou Wen-mo, missionario cinese, Agostino andò spesso a Seul per incontrarlo e ricevere i Sacramenti, dedicandosi ad aiutare lui e gli altri fedeli. Grazie alla sua padronanza della dottrina, scrisse «Jugyo-yoji», un Catechismo in lingua coreana, in due volumi, facilmente comprensibile a tutti. Con l’approvazione di padre Giacomo, quel testo ricevette larghissima diffusione tra i fedeli. Nel frattempo, il missionario aveva fondato il Myeongdohoe, una comunità di credenti, e nominò Agostino primo presidente. Insieme a Giovanni Choe Chang-hyeon, aiutò molti fedeli nello studio del catechismo, tra i quali Paolo Yi Guk-seung.

Nel 1800, all’inizio di una persecuzione nei dintorni della regione vicina, lui e i suoi familiari si trasferirono a Seul. Tuttavia, nell’anno successivo, con la persecuzione Shinyu, l’intera Chiesa cattolica di Corea fu a rischio. Il nome di Agostino finì subito sulla lista dei ricercati e i suoi libri consegnati all’ufficio del governo. La corte reale ordinò di arrestarlo immediatamente, cosa che avvenne l’11 febbraio 1801 del calendario lunare.

L’indomani, venne pesantemente interrogato e torturato, ma, determinato com’era a morire in nome di Dio, non cedette a nessuna tentazione. Non disse nulla di dannoso per la Chiesa o per i fedeli, bensì cercò di spiegare che la dottrina cattolica era esatta e veritiera: «Non c’è nulla di sbagliato nel venerare il Signore, ma è cosa buona e giusta. […] Dio è il “nostro Grande Re e Grande Padre del cielo e della terra”. Se non comprendiamo il motivo per cui dobbiamo venerare Dio, siamo peccatori sotto il cielo e, benché siamo vivi, siamo morti».

I persecutori adoperarono tutti i mezzi possibili per farlo cedere, ma risultarono confusi dalla dottrina che predicava. Infine, la corte approvò la condanna a morte promulgata dal Ministero della Giustizia. Così, quindici giorni dopo il suo arresto, Agostino venne condotto presso la Piccola Porta Occidentale a Seul, per essere giustiziato.

Appena il carro che doveva condurlo al terreno di esecuzione fu pronto, vi salì sopra e gridò a voce alta, rivolto alla gente che si era radunata: «Fratelli e sorelle, non derideteci. Noi crediamo che morire per Dio sia naturale per tutte le persone che nascono al mondo. Nel giorno del giudizio finale, le nostre lacrime si muteranno in pura beatitudine e le vostre liete risate si trasformeranno in acerbi dolori».

Agostino, che aveva quarantuno anni, rese lo spirito dicendo: «Meglio morire guardando in alto verso il cielo che vivere guardando in basso sulla terra». Era l’8 aprile 1801 (26 febbraio secondo il calendario lunare).

I suoi familiari, dopo essere stati privati dei loro beni, incontrarono la sua medesima sorte: il figlio Carlo Jeong Cheol-sang, il 14 maggio 1801; la moglie Cecilia Yu So-sa, il 23 novembre 1839; gli altri due figli, Paolo Jeong Ha-sang ed Elisabetta Jeong Jeong-hye, rispettivamente il 22 settembre e il 29 dicembre 1839. Questi ultimi tre sono stati canonizzati il 6 maggio 1984 da san Giovanni Paolo II, inseriti nel primo grande gruppo dei martiri coreani.

Agostino Jeong Yak-jong e Carlo Jeong Cheol-sang, invece, sono stati inseriti nel gruppo di martiri capeggiato da Paolo Yun Ji-chung (del quale fanno parte anche i già menzionati padre Giacomo Zhou Wen-mo, Giovanni Choe Chang-hyeon e Paolo Yi Guk-seung) e beatificati da papa Francesco il 16 agosto 2014, nel corso del viaggio apostolico in Corea del Sud.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– Commemorazione di sant’Ágabo, profeta, che, come attestano gli Atti degli Apostoli, profetizzò, mosso dallo Spirito, una grande carestia su tutta la terra e le torture inflitte a Paolo da parte dei pagani.

– Commemorazione dei santi Erodione, Asíncrito e Flégone, che san Paolo Apostolo saluta nella Lettera ai Romani.

– Commemorazione di san Dionigi, vescovo di Corinto, che, dotato di una mirabile conoscenza della parola di Dio, istruì con la predicazione i fedeli della sua città e con lettere anche i vescovi di altre città e province.

– Ad Antiochia di Siria, oggi in Turchia, santi Timoteo, Diogene, Macario e Massimo, martiri.

– Ad Alessandria d’Egitto, san Dionigi, vescovo, che, uomo di grande cultura, insigne per avere più volte professato la fede e mirabile per la varietà dei patimenti e delle torture subite, carico di giorni morì confessore della fede al tempo degli imperatori Valeriano e Gallieno.

– A Como, sant’Amanzio, vescovo, che sedette per terzo sulla cattedra di questa Chiesa e fondò la basilica degli Apostoli.

– A Orvieto in Umbria, beato Clemente da Osimo, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino, che resse e promosse con efficacia l’Ordine e ne riformò con saggezza le leggi.

– Ad Alcalá de Henares in Spagna, beato Giuliano di Sant’Agostino, religioso dell’Ordine dei Frati Minori Scalzi, che, ritenuto folle per il suo mirabile spirito di penitenza e più volte allontanato dalla vita religiosa, predicò Cristo più con l’esempio della sua virtù che con le parole.

– A Namur lungo la Mosa nel Brabante, nell’odierno Belgio, santa Giulia Billiart, vergine, che fondò l’Istituto di Santa Maria per la formazione della gioventù femminile e propagò con zelo la devozione verso il Sacratissimo Cuore di Gesù.

– Ad Alassio presso Albenga in Liguria, beato Augusto Czartoryski, sacerdote della Società Salesiana, al quale la malferma salute non impedì di raggiungere grandi doni di santità e di seguire con fermezza la divina vocazione.

– Nel convento di Belmonte presso Cuenca in Spagna, beato Domenico del Santissimo Sacramento Iturrate, sacerdote dell’Ordine della Santissima Trinità, che si adoperò con tutte le forze per la salvezza delle anime e magnificare la gloria della Trinità.

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