Beato Raimondo Vincenzo Vargas González, laico e martire

Nel contesto della persecuzione religiosa messicana, provocata dalla nuova costituzione promulgata nel 1917, parecchi cristiani subirono il martirio. Tra essi rifulge un gruppo comprendente quattro fedeli laici dell’arcidiocesi di Guadalajara, tutti cristiani integerrimi, attivamente impegnati nella difesa della libertà religiosa e della Chiesa, che furono uccisi per la loro fede il 1° aprile 1927.

Uno di essi è Ramón Vicente Vargas González, che nacque ad Ahualulco il 22 gennaio 1905, settimo di undici fratelli. Tre caratteristiche lo distinsero dagli altri: il colore rosso dei capelli, che gli valse il soprannome di “Colorado”, l’elevata statura e la giovialità.

Era figlio di un onorato medico, Antonio Vargas Ulloa, e di Elvira González Arrias, donna coraggiosa, integra e compassionevole, quasi paragonabile alla madre dei biblici fratelli Maccabei. Quando ancora era bambino, precisamente a nove anni, si trasferì con la famiglia a Guadalajara.

Ramón decise in seguito di seguire le orme paterne, entrando nella facoltà di Medicina. Si distinse per il suo buon umore, il suo cameratismo e la sua chiara identità cattolica (era membro dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana). Non appena possibile, si occupò gratuitamente della salute dei poveri.

A ventidue anni, ormai prossimo a concludere gli studi universitari, accolse in casa l’avvocato Anacleto González Flores, oppositore delle misure repressive in materia di libertà religiosa volute dal Presidente della Repubblica Plutarco Elías Calles. Lui notò subito le doti di Ramón e gli propose di lavorare negli accampamenti della resistenza della guerra “cristera” come infermiere. Il giovane gli rispose: «Per lei faccio qualsiasi cosa, Maestro, ma darmi alla macchia no».

La mattina di venerdì 1° aprile 1927, un gruppo di poliziotti prese possesso della casa dei Vargas González, la perquisì e arrestò quanti vi abitavano. Ramón mantenne la calma nonostante la sua indignazione. Approfittando del tumulto, riuscì a fuggire in strada senza che i suoi sequestratori se ne accorgessero, ma poco dopo tornò sui suoi passi e si consegnò loro volontariamente.

I fratelli Florentino, Jorge e Ramón Vargas González furono rinchiusi nella stessa cella della caserma Colorado, colpevoli appunto di aver dato ospitalità a un cattolico perseguitato. Alcune ore dopo, furono rinchiusi nella cella accanto alla loro sia Anacleto González Flores, sia José Dionisio Luis Padilla Gómez, socio fondatore e membro attivo dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana.

Jorge, attraverso le sbarre, fece capire a Luis che sarebbero stati fucilati entro breve. Intuendo che era ormai imminente la sua fine, l’altro si dispiacque per non essersi confessato e comunicato, visto che era il primo venerdì del mese.

Anacleto lo confortò affermando: «No, fratello, non è più l’ora di confessarsi, ma di chiedere perdono e di perdonare. È un Padre e non un giudice che ti attende. Il tuo stesso sangue ti purificherà».

Jorge diede quindi ragione a Luis, unendosi al suo disappunto. Ramon replicò: «Non temere, se moriremo, il nostro sangue laverà le nostre colpe». Poi, girandosi verso una finestra, gridò: «Quanto a me, di fame non mi fanno morire; lo faranno coi fucili». Quindi, quasi in tono di sfida, si mise a mangiare un panino al formaggio.

L’integrità d’animo dei fratelli non venne mai meno, e nemmeno l’affetto che li legava. Infatti, quando il generale di divisione Jesús María Ferreira propose di liberare il minore tra loro, Ramón, che di fatto lo era, cedette il posto a Florentino. I quattro prigionieri vennero quindi condotti nel cortile della prigione e lì fucilati. Prima di essere ucciso, Ramón fece il segno della Croce.

Durante le esequie, la madre delle vittime, stringendo fra le sue braccia Florentino, il figlio superstite, esclamò: «Figlio mio! Quanto è stata vicina a te la corona del martirio! Devi essere più buono per meritarla». Il padre, venuto a conoscenza di come erano morti gli altri suoi due figli, constatò: «Ora so che non sono le condoglianze che mi devono dare, ma felicitazioni perché ho la fortuna di avere due figli martiri».

La causa dei fratelli Vargas González e dei loro due compagni fu compresa in un elenco di potenziali martiri della diocesi di Guadalajara, con Anacleto González Flores come capogruppo. Oltre a loro, erano annoverati altri quattro laici, ovvero Ezequiel Huerta Gutiérrez, Salvador Huerta Gutiérrez, Luis Magaña Servín e Miguel Gómez Loza.

L’inchiesta diocesana fu aperta il 15 ottobre 1994 e chiusa il 17 settembre 1997; il nulla osta dalla Santa Sede venne il 16 dicembre 1994. Il decreto di convalida degli atti dell’inchiesta fu emesso il 21 maggio 1999.

La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2003, fu esaminata il 15 maggio 2004 dai Consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi e dopo un mese, il 15 giugno 2004, dai cardinali e dai vescovi membri della stessa Congregazione. Il 22 giugno 2004, il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto per cui Jorge e gli altri sette laici potevano essere dichiarati martiri.

La loro beatificazione è stata celebrata il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI, nello Stadio Jalisco di Guadalajara. Nella stessa celebrazione sono stati beatificati altri nove martiri uccisi nella stessa persecuzione religiosa.

I resti mortali del Beato Ramón Vargas González sono venerati nella chiesa parrocchiale di San Francesco d’Assisi ad Ahualulco de Mercato, insieme a quelli di suo fratello, il Beato Jorge.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– A Roma, commemorazione dei santi martiri Venanzio, vescovo, e dei suoi compagni di Dalmazia e di Istria, Anastasio, Mauro, Paoliniano, Telio, Asterio, Settimio, Antiochiano e Gaiano, che la Chiesa onora con una comune lode.

– A Salonicco in Macedonia, ora in Grecia, sante Agape e Chionia, vergini e martiri, che durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, essendosi rifiutate di mangiare la carne di animali sacrificati agli idoli, furono consegnate al governatore Dulcezio e condannate al rogo.

– In Palestina, santa Maria Egiziaca, che, famosa peccatrice di Alessandria, per intercessione della beata Vergine nella Città Santa si convertì a Dio e condusse in solitudine al di là del Giordano una vita di penitenza.

– A Lauconne presso Amiens in Francia, san Valerico, sacerdote, che attrasse non pochi compagni alla vita eremitica.

– In località Ardpatrick nella regione del Munster in Irlanda, san Celso, vescovo di Armagh, che promosse forte- mente il rinnovamento della Chiesa.

– A Grenoble in Borgogna, nell’odierna Francia, sant’Ugo, vescovo, che si adoperò per la riforma dei costumi del clero e del popolo e, durante il suo episcopato, amando ardentemente la solitudine, donò a san Bruno, un tempo suo maestro, e ai suoi compagni l’eremo di Chartroux, di cui fu pure primo abate; resse la sua Chiesa per circa cinquant’anni con l’esempio premuroso della sua carità.

– Nel monastero cistercense di Bonnevaux nel Delfinato in Francia, beato Ugo, abate, la cui prudenza e carità pro- mossero la riconciliazione tra il papa Alessandro III e l’imperatore Federico I.

– A Caithness in Scozia, san Gilberto, vescovo, che costruì a Dornoch la chiesa cattedrale e allestì ospizi per i poveri; in punto di morte, raccomandò ciò che egli stesso aveva osservato durante la sua vita: non far male a nessuno, sopportare con pazienza le correzioni divine e non essere di danno a nessuno.

– A York in Inghilterra, beato Giovanni Bretton, martire, che, padre di famiglia, per la sua perseveranza nella fedeltà alla Chiesa di Roma, fu più volte ammonito durante il regno di Elisabetta I e, infine, sotto falsa accusa di sedizione, morì strangolato.

– A Brescia, beato Ludovico Pavoni, sacerdote, che con grande sollecitudine si dedicò all’istruzione dei giovani più poveri, nell’intento soprattutto di educarli secondo i costumi cristiani e di avviarli a un mestiere, fondando per questo la Congregazione dei Figli di Maria Immacolata.

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