Commemorazione di tutti i fedeli defunti

La pietas verso i morti risale agli albori dell’umanità. In epoca cristiana, fin dall’epoca delle catacombe l’arte funeraria nutriva la speranza dei fedeli. A Roma, con toccante semplicità, i cristiani erano soliti rappresentare sulla parete del loculo in cui era deposto un loro congiunto la figura di Lazzaro. Quasi a significare: Come Gesù ha pianto per l’amico Lazzaro e lo ha fatto ritornare in vita, così farà anche per questo suo discepolo! La commemorazione liturgica di tutti i fedeli defunti, invece, prende forma nel IX secolo in ambiente monastico. La speranza cristiana trova fondamento nella Bibbia, nella invincibile bontà e misericordia di Dio. «Io so che il mio redentore è vivo e che, ultimo, si ergerà sulla polvere!», esclama Giobbe nel mezzo della sua tormentata vicenda. Non è dunque la dissoluzione nella polvere il destino finale dell’uomo, bensì, attraversata la tenebra della morte, la visione di Dio. Il tema è ripreso con potenza espressiva dall’apostolo Paolo che colloca la morte-resurrezione di Gesù in una successione non disgiungibile. I discepoli sono chiamati alla medesima esperienza, anzi tutta la loro esistenza reca le stigmate del mistero pasquale, è guidata dallo Spirito del Risorto. Per questo i fedeli pregano per i loro cari defunti e confidano nella loro intercessione. Nutrono infine la speranza di raggiungerli in cielo per unirsi gli eletti nella lode della gloria di Dio.

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

San Vittorino, vescovo di Ptuj in Pannonia, nell’odierna Slovenia, che pubblicò molti scritti di esegesi della Sacra Bibbia e fu coronato dal martirio durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano.

–  A Trieste, san Giusto, martire.

–  A Sivas nell’antica Armenia, santi Carterio, Stiriaco, Tobia, Eudossio, Agapio e compagni, martiri, che, soldati, si racconta siano stati gettati tra le fiamme, sotto l’imperatore Licinio, per aver perseverato nella fede in Cristo.

– In Persia, santi Acíndino, Pegasio, Aftonio, Elpidíforo, Anempodisto e molti compagni, martiri, che si tramanda abbiano subito la passione sotto il re Sabor II.

– A Vienne nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Donnino, vescovo, che si adoperò per la liberazione dei prigionieri.

– Commemorazione di san Marciano, eremita, che, nato a Cirro nel territorio dell’odierna Turchia, si ritirò in mona- stero a Calcedonia, dove, vivendo in una angusta dimora, non si nutriva che la sera di poco pane e acqua, anteponendo tuttavia al digiuno l’amore fraterno.

– Nel monastero di Saint-Maurice-en-Valais nell’odierna Svizzera, sant’Ambrogio, abate, che fu dapprima superiore del monastero della Île-Barbe vicino a Lione e, trasferito poi in questa sede per l’insigne fama della sua condotta di vita religiosa, vi istituì l’usanza della lode perenne.

– Presso la fonte in località Holywell in Galles, santa Vinfreda, vergine, venerata come illustre monaca.

– A Vienne, san Giorgio, vescovo.

– Nel monastero di Chiaravalle in Borgogna, ora in Francia, deposizione di san Malachia, vescovo di Down e Connor in Irlanda, che rinnovò la vita della sua Chiesa e, giunto a Chiaravalle mentre era in cammino per Roma, rese lo spirito al Signore alla presenza dell’abate san Bernardo.

– A Mortagne nella Normandia, beata Margherita di Lorena, che, un tempo duchessa di Alençon, rimasta vedova, professò l’obbedienza alla vita regolare nel monastero di Clarisse da lei stessa fatto costruire.

–  Ad Andover nella contea di Hampshire in Inghilterra, beato Giovanni Bodey, martire, che, maestro di scuola, morì impiccato e sventrato per aver rifiutato di riconoscere l’autorità della regina Elisabetta I nelle questioni spirituali.

–  A Casale in Romagna, beato Pio di San Luigi (Luigi) Campidelli, religioso della Congregazione della Passione, che, ancora giovane, colpito da una violenta malattia, si abbandonò totalmente alla volontà di Dio.

 

 

 

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