Beato Cipriano (Dedë) Nika, sacerdote francescano e martire

Dedë (corrispondente all’italiano Domenico) Nika nacque a Scutari, in Albania, il 19 luglio 1900. Rimase orfano a cinque anni. Frequentò quindi le elementari e le medie nella scuola tenuta dai Frati Minori nella sua città, poi, come tutti quelli che desideravano andare avanti verso il sacerdozio, venne inviato a studiare Teologia in Austria.

Fu ordinato a Roma nel 1924. Il suo nome religioso era padre Cyprian (Cipriano). Nel 1937 divenne Provinciale della provincia francescana d’Albania e, nel 1943, assunse l’incarico di guardiano del convento di Scutari.

Proprio in quel periodo iniziarono le persecuzioni ai danni dei credenti di tutte le fedi, a opera del partito comunista: in particolare, l’accanimento in ambito cattolico era contro i gesuiti e i francescani, per la loro opera educativa e di preservazione delle antiche tradizioni popolari albanesi.

Un caso eclatante avvenne quando la polizia segreta di regime, la Sigurimi, scoprì un deposito di armi dietro l’altare di sant’Antonio nella chiesa di San Francesco a Gjiudahol, quartiere di Scutari. Il fatto, documentato da un filmato girato in presa diretta dalla televisione di stato jugoslava, alle dipendenze del dittatore Tito, era in realtà una messa in scena pianificata apposta per mettere agli arresti i frati.

Anche padre Cyprian venne incarcerato e più volte sottoposto a torture. Lo racconta uno dei suoi compagni di prigionia, Ilir Bali: «Il soldato aprì la porta della nostra cella con fragore di chiavi e si rivolse urlando al prete che si alzasse. Padre Nika, perso nella sua preghiera, non si preoccupò del soldato; non lo sentiva o non lo vedeva. Allora con una pedata portò brutalmente il prete fuori dai suoi sogni, proseguì con un urlo di ingiuria mentre i due altri soldati che attendevano sulla soglia della porta ridevano istericamente».

Il frate si alzò e, lentamente, si diresse verso la stanza delle torture. Dopo parecchie ore venne letteralmente buttato dentro la cella, dove Ilir Bali cercò di prendersi cura di lui lavando le sue ferite, poi gli chiese come stesse: «Sto bene. Sto molto bene», rispose, con voce fioca, «Ho dato loro una testimonianza».

Bevve un sorso d’acqua, poi spiegò: «Gli ufficiali della Sigurimi mi hanno detto che volevano discutere scientificamente con me dell’esistenza di Dio. Erano in quattro. Non mi sono mai sentito più felice di allora: “Cyprian”, ho detto a me stesso, “ecco un’occasione di guadagnare l’amore e la misericordia dell’Altissimo”».

Basando la sua argomentazione sulla teologia di san Tommaso d’Aquino, professò anche la sua fede: «Come essere umano pensante, credo che esiste un “Qualcosa” dopo questa breve vita sulla terra, dove il bene e il male troveranno ricompensa e castigo. Un “Qualcosa” che superi i limiti della natura umana; un “Qualcosa” di sovrumano, soprannaturale in cui il male e l’ingiustizia non hanno posto…».

Ma la sua esposizione fu interrotta dalle torture: i soldati avevano perso la pazienza. Mentre il frate pregava: «Che sia fatta la Tua volontà», sentiva che uno dei persecutori diceva: «Il mio Dio è Enver Hoxha», il presidente e dittatore albanese.

L’altro prigioniero rispose che quella richiesta dei soldati era un’evidente presa in giro e che avrebbe dovuto cercare di sfuggire a un male simile. La replica di padre Cyprian fu: «Figlio mio, è vero, ma io ho anche una missione, più di altre in questo ambiente: devo tenere la lampada accesa ogni volta e in qualsiasi luogo sia spenta. Certamente, non è facile soffrire, ma la sofferenza, figlio mio, rende la vittoria più nobile».

Padre Cyprian venne fucilato l’11 marzo 1948 a Scutari, in un fosso vicino a una vigna: con lui, il confratello Mati Prennushi e il vescovo-abate di Sant’Alessandro a Orosh monsignor Frano Gjini. Le sue ultime parole, riportate nel verbale processuale, furono: «Viva Cristo Re! Perdoniamo i nostri nemici. L’Albania non muore con noi!».

L’Ordine dei Frati Minori ha dato altri martiri alla Chiesa in Albania: molti di essi sono compresi nell’elenco dei 38 beatificati a Scutari il 5 novembre 2016. Oltre a padre Cyprian, si tratta del vescovo di Durazzo monsignor Vinçenc Prennushi e dei padri Gjon Shllaku, Serafin Koda, Bernardin Palaj, Gaspër Suma e Karl Serreqi.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– A Smirne, nell’odierna Turchia, san Pionio, sacerdote e martire, che, come si racconta, per aver tenuto pubblicamente un’apologia in difesa della fede cristiana, dopo aver subíto l’amarezza del carcere, durante il quale confortò con il suo incoraggiamento molti fratelli ad affrontare il martirio, crudelmente torturato ottenne in sorte nel fuoco una fine beata in Cristo.

– A Laodicea in Siria, santi Trofimo e Talo, martiri, che, durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, dopo molti crudeli tormenti ottennero la corona di gloria.

– In Scozia, san Costantino, re, discepolo di san Colomba e martire.

– A Gerusalemme, san Sofronio, vescovo, che ebbe per maestro e amico Giovanni Mosco, con il quale visitò i luoghi del monachesimo; eletto dopo Modesto vescovo di questa sede, quando la Città Santa cadde nelle mani dei Saraceni, difese con forza la fede e l’incolumità del popolo.

– Nella regione dell’Hainault in Neustria, nell’odierna Francia, san Vindiciano, vescovo di Cambrai e Arras, che invitò Teodorico III ad espiare con la penitenza il crimine commesso con l’uccisione di san Leodegario.

– A Milano, deposizione di san Benedetto, vescovo.

– Nel monastero di Tallaght in Irlanda, sant’Oengus, detto il Culdeo, monaco, che ebbe cura di comporre un martirologio dei santi d’Irlanda.

– A Córdova nell’Andalusia in Spagna, sant’Eulogio, sacerdote e martire, decapitato con la spada per avere proclamato apertamente la fede in Cristo.

– A Cupramontana nelle Marche, beato Giovanni Battista Righi da Fabriano, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori.

– A York in Inghilterra, beato Tommaso Atkinson, sacerdote e martire, che, durante il regno di Giacomo I, patì il martirio solo per essere sacerdote.

– A Clonmel in Irlanda, beato Giovanni Kearney, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori e martire: condannato a morte perché attraversava l’Inghilterra da sacerdote, riuscì ad evitare la sentenza con la fuga, ma in seguito, sotto il governo di Oliver Cromwell, accusato una seconda volta di aver esercitato in patria il sacerdozio, subì la condanna dell’impiccagione.

– Nella città di Hu’ng Yên nel Tonchino, ora Vietnam, san Domenico Câm, sacerdote e martire, che per molti anni esercitò clandestinamente il suo ministero con pericolo di vita, anche dopo essere finito in carcere, e, condannato a morte per ordine dell’imperatore Tu’ Duú’c, abbracciò la croce del Signore che aveva fermamente rifiutato di calpestare.

– In località Sai-Nam-Hte in Corea, santi Marco Chong Ui-bae, catechista, e Alessio Useyong, martiri, che per la loro fede cristiana furono dai loro stessi parenti ingiuriati e percossi.

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