San Pier Damiani, vescovo e dottore della Chiesa

Nacque a Ravenna nel 1007, ultimo di sette figli. Sua madre, preoccupata di non poter far fronte ad una nuova bocca da sfamare, decise di non allattarlo, condannandolo così a morte certa. Un’amica, accortasi che il bimbo era cianotico, lo prese in braccio e lo strofinò con un unguento, rimproverando la madre snaturata, la quale, riavutasi dall’aberrazione momentanea, riprese a nutrirlo. Rimasto orfano, Pietro venne allevato prima dalla sorella Rodelinda e poi da un fratello che lo maltrattò e lo costrinse ai servizi più umili. Finalmente il ragazzo venne affidato al fratello primogenito, Damiano, che era arciprete in una pieve presso Ravenna e che si occupò non solo del mantenimento, ma anche dell’educazione del giovane Pietro che, per riconoscenza, aggiunse il nome Damiani al proprio.

Il suo primo biografo, San Giovanni da Lodi, racconta due episodi significativi della giovinezza di Pier Damiani. Un giorno il ragazzino trovò una moneta, e se ne rallegrò: con essa avrebbe potuto comprare un dolce o un giocattolo; improvvisamente però si rese conto che qualsiasi cosa avesse acquistato gli avrebbe procurato solo una gioia vana e momentanea, e decise di portare la moneta ad un sacerdote e far dire una messa per i genitori defunti. Un’altra volta, trovandosi a pranzare con un povero cieco, scelse per sé un pane bianco, di qualità migliore, e offrì all’ospite un pane scuro. Ad un tratto una lisca si conficcò nella sua gola; pentito del proprio egoismo, scambiò il proprio pane con quello del cieco, e la lisca scivolò via. Fu questo episodio a convincerlo definitivamente a consacrarsi a Dio e ad abbracciare la vita monastica.

Spinto da un bisogno di solitudine, meditazione e preghiera, nel 1035 Pier Damiani si ritirò nel monastero camaldolese di Fonte Avellana, al confine tra le Marche e l’Umbria. Presto divenne la guida spirituale di quel gruppo di eremiti e la sua fama si diffuse rapidamente, tanto da essere invitato ad insegnare in altri monasteri, come Santa Maria di Pomposa e San Vincenzo di Petra Pertusa. Rientrato a Fonte Avellana, venne eletto priore e riorganizzò l’eremo, ispirando il sorgere di nuove case nelle regioni confinanti. La sua fervente attività venne notata dal vescovo di Ravenna che lo chiamò accanto a sé, togliendolo dalla quiete e dal raccoglimento del monastero.

La Chiesa del tempo era afflitta da due mali, la simonia, ossia l’acquisto delle cariche ecclesiastiche, e il nicolaismo, ovvero l’inadempienza del celibato. Papa Stefano IX, nel 1057, chiamò Pier Damiani a Roma per intraprendere con lui un’opera riformatrice del clero, e lo nominò cardinale e vescovo di Ostia. Durante i sei anni successivi venne inviato in missione a Milano per sedare il movimento di rivolta della Pataria, e in seguito a Cluny, per difendere i diritti dei monaci dell’abazia benedettina contro le prepotenze dell’arcivescovo di Macon. Fu accanto a Papa Gregorio VII nella lotta contro le investiture (l’imperatore Enrico IV si era arrogato il diritto di nominare vescovi ed abati, incorrendo nella scomunica da parte del Papa), e il risultato più eclatante di questa opera fu, alcuni anni dopo la morte di Pier Damiani, la richiesta di perdono da parte dell’imperatore che, vestito da penitente, si gettò ai piedi del Papa nel castello di Canossa il 28 gennaio del 1077.

Dopo una missione di pace a Ravenna, la sua città natale, Pier Damiani, in viaggio per tornare al suo monastero di Fonte Avellana (o più probabilmente all’eremo di Gamogna, da lui fondato), venne colto dalla morte mentre faceva tappa a Faenza nel monastero benedettino di Santa Maria Fuori Porta. L’acclamazione popolare lo volle santo sin dai funerali, e papa Leone XII lo proclamò dottore della Chiesa nel 1828.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– Commemorazione di sant’Eustazio, vescovo di Antiochia, che, illustre per dottrina, sotto l’imperatore ariano Costanzo fu mandato in esilio a Tuzla in Tracia per aver difeso la fede cattolica e qui riposò nel Signore.

– Nel monastero di Grandfelt nell’odierna Svizzera, san Germano, abate, che, avendo voluto difendere con parole di pace gli abitanti dei dintorni del monastero assaliti da una banda di predatori, morì insieme al santo monaco Randoaldo spogliato delle vesti e trafitto da una lancia.

– A Londra in Inghilterra, beato Tommaso Pormort, sacerdote e martire, che, crudelmente torturato in carcere sotto la regina Elisabetta I a causa del suo sacerdozio, portò poi a compimento a Saint Paul il suo martirio con l’impiccagione.

– Sempre a Londra, san Roberto Southwell, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che svolse per molti anni il suo ministero in questa città e nella regione limitrofa e compose inni spirituali; arrestato per il suo sacerdozio, per ordine della stessa regina fu torturato con grande crudeltà e a Tyburn coronò il suo martirio con l’impiccagione.

– Ad Angers in Francia, beato Natale Pinot, sacerdote e martire: parroco, durante la Rivoluzione francese, mentre si preparava a celebrare la Messa, fu arrestato e, rivestito per scherno con i paramenti sacri, fu condotto al patibolo come all’altare del sacrificio.

– A Torino, beata Maria Enrica (Anna Caterina) Dominici, delle Suore di Sant’Anna e della Provvidenza, che go- vernò con saggezza l’Istituto per trent’anni fino alla sua morte e lo accrebbe.

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