Annunciazione del Signore

La celebrazione dell’Annunciazione, episodio raccontato nel Vangelo di Luca (Lc 1,26-38), ha origine nei primi secoli del cristianesimo e si caratterizza per un elemento dogmatico fondamentale: il concepimento verginale di Maria. Sin dai primi secoli, infatti, la Chiesa professava l’Incarnazione di Dio attraverso il concepimento di una vergine. Con il Concilio di Nicea del 325 e il Concilio di Costantinopoli si stabilì il Credo con il quale ancora oggi proclamiamo che il Figlio di Dio “per noi uomini e per la nostra salvezza discese dai cieli e si incarnò da Spirito Santo e Maria Vergine e si fece uomo” La celebrazione della solennità liturgica si diffuse all’epoca di Giustiniano, nel VI secolo, e venne introdotta nella Chiesa romana da papa Sergio I alla fine del VII secolo con una solenne processione alla basilica di Santa Maria Maggiore, nella quale i mosaici dell’arco trionfale sono dedicati alla divina maternità di Maria, proclamata Theotokos dal Concilio di Efeso (431).

Ogni riferimento alla Vergine Maria non può mai prescindere dal riferimento diretto al figlio Gesù. Per questo, in origine, la festa del 25 marzo, almeno nell’Oriente del V secolo, era considerata una festa mariana, sebbene il ricordo dell’incarnazione di Cristo fosse già venerato nella Palestina del IV secolo, nella medesima data. Nei secoli successivi la festa sarà introdotta anche in Occidente, a volte in riferimento al Signore, altre volte a Maria, almeno finché il Concilio Vaticano II non chiarirà le cose. Paolo VI, infatti, nell’Esortazione apostolica Marialis cultus del 1974, nel fissare la denominazione “Annunciazione del Signore”, precisa che si tratta di festa congiunta di Cristo e della Vergine.

Siamo al centro della storia della salvezza, all’inizio del disegno divino e cioè la sua incarnazione che renderà nuove tutte le cose. Questo è il significato di una festa che in un solo colpo supera e rinnova l’intero Antico Testamento, in esso di fatto anticipata in alcuni punti, ad esempio nella Genesi quando si parla della donna che schiaccerà la testa al serpente o nell’annuncio dell’Emmanuele in Isaia. Nel racconto evangelico il saluto dell’angelo chiarisce a Maria che Dio con la sua protezione è presente nella sua vita; quindi le annuncia una maternità che renderà visibile l’invisibilità di Dio; poi Maria chiede chiarimenti per rendere più personale e volontario il suo sì, che rappresenta il totale abbandono della creatura al suo Dio. Prima di congedarsi, infine, la rivelazione dell’angelo sulla gravidanza di Elisabetta non è altro che un segno di autenticità di quanto avvenuto, in quanto “nulla è impossibile a Dio”.

La data del 25 marzo per la festa è stata fissata nove mesi prima del Natale, tuttavia, quando questa cade nella Settimana Santa, nella Settimana di Pasqua, coincide con la Domenica di Pasqua o con una domenica di Quaresima, viene spostata. Questo semplice meccanismo, in realtà, ha richiesto una discreta elaborazione: il Concilio di Costantinopoli del 692 stabilisce per le Chiese orientali di celebrare comunque questa solennità pur durante il tempo della Quaresima; per le Chiese occidentali, invece – decisione recepita anche dalla Chiesa di Roma, il Concilio di Toledo del 656 spostò la ricorrenza al 18 dicembre, ma poi con la riforma del calendario si tornò al 25 marzo, scelto in quanto sesto giorno dall’equinozio di primavera che cade il 20, dal momento che Dio creò l’uomo il sesto giorno.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– Commemorazione del santo ladrone, che, avendo professato la fede in Cristo sulla croce, meritò di udire da lui: «Oggi con me sarai nel paradiso».

– A Nicomedia, san Dula, martire.

– A Roma nel cimitero di Ponziano sulla via Portuense, san Quirino, martire.

– A Salonicco nella Macedonia, ora in Grecia, santa Matrona, martire, che, serva di una Giudea, mentre adorava Cristo di nascosto, fu scoperta dalla sua padrona e punita con vari supplizi; infine fu percossa a morte e, professando la sua fede in Cristo, rese incorrotto lo spirito a Dio.

– A Milano, san Mona, vescovo.

– Sull’isola di Indre nei pressi di Nantes in Francia, sant’Ermelando, che lasciata la corte del re si fece monaco a Fontenelle e fu poi primo abate del monastero del luogo.

– A Mámmola presso Gerace in Calabria, san Nicodemo, eremita, che rifulse per austerità di vita e virtù e fu vero maestro di vita monastica.

– A Sázava in Boemia, san Procopio, che, lasciati la moglie e il figlio, si dedicò alla vita eremitica, resse poi il monastero in questo luogo da lui stesso fondato e celebrò le lodi divine secondo il rito greco e in lingua slava.

– A Schaffhausen in Svevia, beato Everardo, che, conte di Nellenburg, abbracciò la vita monastica nel cenobio di Tutti i Santi da lui costruito.

– Presso Costacciaro in Umbria, beato Tommaso, eremita, che per sessantacinque anni praticò vita di anacoreta e la insegnò ad altri.

– A York in Inghilterra, santa Margherita Clitherow, martire, che, con il consenso del coniuge, aderì alla fede cattolica, nella quale educò anche i figli e si adoperò per nascondere in casa i sacerdoti ricercati; per questo motivo fu più volte arrestata durante il regno di Elisabetta I e, rifiutandosi di trattare la sua causa davanti al tribunale per non gravare l’animo dei consiglieri del giudice con il fardello di una condanna a morte, fu schiacciata a morte per Cristo sotto un enorme peso.

– A Winchester sempre in Inghilterra, beato Giacomo Bird, martire: sotto la stessa regina a diciannove anni, fattosi da poco cattolico, si rifiutò di partecipare a una liturgia che sentiva come estranea e meritò così di pervenire alla celebrazione della liturgia celeste.

– Presso Montefiascone nel Lazio, santa Lucia Filippini, fondatrice dell’Istituto delle Maestre Pie per la promozione dell’istruzione cristiana delle ragazze e delle donne, specialmente quelle povere.

– A Roma presso San Paolo sulla via Ostiense, beato Placido Riccardi, sacerdote dell’Ordine di San Benedetto, che, pur sofferente di continue febbri, malattie e paralisi, coltivò con instancabile dedizione l’osservanza alla regola e la preghiera, insegnando anche agli altri a praticarle.

– Nella cittadina di Chervonohrad vicino a Leopoli in Ucraina, beata Giosafata (Michelina) Hordáshevska, vergine, che nell’Istituto delle Suore Ancelle di Maria Immacolata da lei fondato servì ovunque ci fosse maggior bisogno.

– Nella cittadina di Majdanek presso Lublino in Polonia, beato Emiliano Kovc, sacerdote e martire, che, in tempo di guerra, deportato in un campo di prigionia, raggiunse la vita eterna combattendo per la fede.

– Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, beato Ilario Januszewski, sacerdote dell’Ordine dei Frati Scalzi della Beata Vergine del Monte Carmelo e martire: in tempo di guerra, fu deportato a causa della fede in Cristo dalla Polonia in questo carcere straniero; ammalatosi di tifo nell’assistere i malati, morì insigne per fede e carità.

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